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VADEMECUM: lame

LA DETENZIONE
Al proprietario di un oggetto che la legge considera “arma propria” ha l’obbligo di denunciarne all’autorità il suo possesso. Pugnali, spade, baionette e quelle altre lame considerate “armi proprie” rientrano in questa fattispecie (tutte le lame a doppio filo). La detenzione degli strumenti atti ad offendere (coltelli in genere) è libera e non sussiste l’obbligo della denuncia salvo i coltelli a scatto, la cui lama scatta in posizione distesa sotto l'azione di una molla (coltelli detti molletta).

IL PORTO
Esiste un divieto assoluto, anche a chi è titolare di licenza di porto d’armi, del porto di pugnali, spade, baionette, coltelli a scatto, ecc.), mentre il porto e il trasporto dei coltelli per lavoro, intesi come strumenti atti ad offendere, è regolato dall’articolo 4 della legge 110 del 1975 che stabilisce quanto segue: “Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona. Il contravventore è punito con l’arresto da un mese ad un anno e con l’ammenda da lire 100.000 a lire 400.000. Nei casi di lieve entità, riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell’ammenda”.
L’art. 13 della legge 157 del 1992 (legge quadro sulla caccia) stabilisce che “Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l’esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.

E' comunque sempre vietato portare baionette, coltelli a scatto (mollette), spade, lame a doppio taglio (stiletti).
Non sono armi bianche quelle cui non è presente il filo tagliente e la punta accuminata.


GIURISPRUDENZA

Cassazione, V, 20 maggio 1982, n. 5112. Il coltello chirurgico (bisturi) deve considerarsi arma impropria trattandosi di strumento che, per la funzione cui è destinato e per la struttura della lama, ha caratteristiche tali che lo rendono chiaramente utilizzabile per l’offesa alla persona.

Cassazione, I, 19 ottobre 1985, n. 9300. Il “coltello da lancio” normalmente destinato ad uso sportivo (per il tiro al bersaglio), quale strumento da punta e taglio atto, sia occasionalmente, ad offendere, è qualificabile come arma impropria ai fini di cui all’art. 4 comma secondo seconda della legge 18 aprile 1975 n. 110.

Cassazione, I, 14 luglio 1993, n. 7011. Il coltello a serramanico può essere inteso anche in senso più lato, onnicomprensivo pure di quello a scatto, caratterizzato dalla incorporazione della lama all’interno del manico; sicché, ove manchi la speciale strutturazione dello scatto e del fissaggio della lama, il coltello la cui lama è semplicemente ripieghevole nel manico, ancorché chiamato a serramanico, non è esclusivamente destinato all’offesa alla persona, potendo normalmente essere impiegato negli usi più svariati, come quelli domestici, agricoli, sportivi, anche se, occasionalmente, può essere adoperato come arma, in tal senso impropria.

Cassazione, VI, 15 aprile 1975, n. 4143. È punibile ai sensi dell’art. 699 C.P. il porto del tipo “molletta”, poiché esso assume le caratteristiche di un pugnale o di uno stiletto. Invero, agli effetti dell’art. 39 del T.U. legge di P.S., sono considerate armi proprie, oltre tutte le armi da sparo, tutte le altre la cui destinazione è l’offesa alla persona e l’art. 45 del regolamento comprende espressamente fra gli strumenti da punta e taglio la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona i pugnali e gli stiletti, per i quali non è ammessa licenza.

Cassazione, I, 16 febbraio 1979, n. 1757. La cosiddetta “molletta”, cioè il coltello con apertura a scatto e la cui lama, una volta spiegata, rimane fissa, assumendo in tal modo le caratteristiche di un pugnale o stiletto, rientra nella categoria delle armi non da sparo per le quali non è consentito il porto in senso assoluto.

Cassazione, I, 29 ottobre 1981, n. 9526. Il coltello a “scrocco”, e cioè il coltello a serramanico con lama a scatto, definito anche “molletta” o a molla, deve considerarsi, agli effetti della legge penale, secondo la definizione della legge n. 585, secondo comma prima ipotesi C.P., “arma la cui destinazione naturale è l”offesa alla persona”, in quanto, secondo i dati dell’esperienza tratti dal contesto storico-geografico in cui si vive, appare destinato a tale uso e cioè ad aggredire ed offendere proprio per la fulmineità con la quale può farsene scattare la lama.

Cassazione, II, 31 ottobre 1981, n. 9691. Il coltello a scatto, detto anche molletta, costituisce arma propria che deve essere denunciata all’autorità di P.S. L’omissione della denuncia integra gli estremi del reato di cui all’art. 697 C.P.

Cassazione, V, 20 marzo 1981, n. 2417. L’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110 stabilisce, abrogando il disposto dell’art. 42 della legge di P.S., che senza giustificato motivo non possano portarsi fuori della propria abitazione e della appartenenza di essa, fra l’altro, anche “strumenti da punta e da taglio atti ad offendere”. Non è perciò più necessario che un coltello per essere considerato arma presenti determinate dimensioni, così come era richiesto dalla precedente normativa. Trattandosi di uno strumento da punta o da taglio deve essere considerato alla luce della nuova legge arma impropria, poiché è oggetto che, pur non avendo come destinazione naturale l’offesa, è pur sempre idoneo a ledere e ad attentare all’incolumità personale.

Cassazione, I, 22 marzo 1986, n. 2356. Poiché l’art. 4 della legge 18 aprile n. 110, abrogando il disposto dell’art. 42 della legge di P.S., stabilisce che senza giustificato motivo non possono portarsi fuori della propria abitazione o dalle appartenenze di essa, tra i vari oggetti elencati anche “strumenti da punta o da taglio atti ad offendere”, non è più necessario che il coltello per essere considerato arma presenti determinate dimensioni, così come era richiesto nella precedente normativa.

Cassazione, I, 18 gennaio 1996, n. 580. Il reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110 sussiste soltanto allorché sia, tra l’altro, provato che l’agente ha portato “senza giustificato motivo” fuori della propria abitazione qualcuno degli oggetti elencati nel detto articolo. E deve intendersi per motivo giustificativo del porto quello determinato da particolari esigenze dell’agente perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dello oggetto. Ne consegue che il porto di coltello da caccia e di coltello con cavaturaccioli da parte di chi si reca per diporto in zona boschiva è pienamente giustificato atteso che detti oggetti sono tra quelli che normalmente un soggetto porta con sé, allorquando si reca in gita in zona boschiva di montagna ove gli stessi possono essere utilmente usati.

Cass., VI, 22 dicembre 1989, n. 17777. Il porto di coltello è sempre proibito, a norma dell’art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110, a meno che non venga dimostrato il giustificato motivo, che, costituendo una eccezione alla configurabilità del reato, deve sottostare all’onere della prova incombente sull’imputato.

Cassazione, I, 15 gennaio 1987, n. 0254. Il porto di un coltello a serramanico è da ritenersi legittimo se detto oggetto deve essere impiegato nell’uso suo proprio e rimane tale per tutto il tempo di durata della attività e, quindi, all’assenza della abitazione. Ne consegue che non risponde di reato di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975 colui il quale, avendo portato con sé un coltello per adempiere al suo lavoro nei boschi, successivamente, e prima del rientro a casa, si ubriachi e lo esibisca in pubblico perché il fatto non costituisce reato.

Cassazione, I, 17 febbraio 1996, n.1901. In tema di reati concernenti le armi bianche, l’art. 699 cod. pen. si applica alle armi bianche proprie, mentre l’art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110 si applica agli oggetti atti ad offendere il cui porto non sia giustificato. Rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo, con conseguente applicabilità dell’art. 699 cod. pen., un coltello che, pur essendo semplicemente a serramanico senza essere munito di un congegno di scatto, sia dotato di lama fissa e rimovibile solo mediante l’azionamento di apposito meccanismo, in tal modo assumendo la caratteristica propria di un pugnale o stiletto.

Cass. I, 25 maggio 1996, n. 5213. In materia di armi da punta e taglio, per quanto riguarda in particolare i coltelli, va operata una distinzione tra quelli muniti di lama non fissa, semplicemente azionabili a mano e privi di congegni meccanici che permettano l’irrigidimento della lama aperta sino a contrario comando manuale, e quelli, invece, che dispongono di congegni di quest’ultimo tipo, in grado di consentirne la fruibilità quali pugnali, stiletti e simili. Nella prima categoria rientrano gli arnesi da punta e taglio, il cui porto senza giustificato motivo è punito ai sensi dell’art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110; nella seconda le armi proprie non da sparo il cui possesso è sanzionato dagli artt. 697 e 699 cod. pen., a seconda che si tratti di detenzione illegale o di porto abusivo.

 

  • data 2023