DINIEGO PORTO D'ARMI PER DIFESA PERSONALE

 


Anche i Prefetti ed i questori pagano; così pare abbiano sentenziato i giudici del T.A.R. della Sicilia , Sez. III, giudicando in merito al ricorso n. 3504/99 R.G. e, il Consiglio di Stato, N. Sez. 762/01 con adunanza del 12 giugno 2002, in relazione al rigetto del rinnovo del porto d’armi innanzi al difetto di un’adeguata motivazione, addebitando così le spese all‘amministrazione soccombente. Eppure, ancora oggi, molte amministrazioni pubbliche, facendosi forti dell’ampia discrezionalità che viene concessa loro in merito ai provvedimenti di polizia, forzano la mano dando sfocio a decreti apodittici che mostrano intrinsecamente una carenza di motivazione.

Il Tar Liguria Sez. Seconda – Sent. del 20.08.2008, n. 1576, compensando le spese di giudizio fra le parti, conclude che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza, anche di questa Sezione, è illegittimo per insufficienza della motivazione il provvedimento con il quale si nega il rinnovo del porto d’armi a soggetto precedentemente autorizzato, sulla sola considerazione che lo stesso non versa allo stato nelle condizioni che giustificano la necessità di girare armato, senza assolutamente indicare le ragioni della nuova valutazione contrastante con le precedenti che, viceversa, avevano dato luogo al rilascio dell’autorizzazione al porto di pistola. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) N.2450/08 Reg.Dec. N. 3012 Reg.Ric .ANNO 2007 ha poi aggiunto che l’art. 43, comma 2, del citato Testo Unico riconosce, in effetti, alla p.a.. un potere ampiamente discrezionale nella valutazione dei presupposti e dei requisiti necessari per ottenere il rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale; ma di certo detta discrezionalità non può sconfinare in un operato dell’autorità procedente che in definitiva si appalesi in contrasto con i principi della logicità e ragionevolezza dell’azione amministrativa;Sotto tali profili non appare dato comprendere, pertanto, come, in assenza di mutati presupposti e requisiti soggettivi, l’amministrazione abbia successivamente ritenuto di procedere in modo differenziato nei confronti del richiedente la licenza (cfr.per casi in parte analoghi, decisioni della Sezione 7.6. 2006, n. 3427 e 27.7.2007, n.4169).

(http://geronimo.ilcannocchiale.it/2010/09/25/porto_darmi_diniego_carenza_di.html)


E’ ben vero che ai sensi della norma di cui all’art. 43, co. 2, del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, secondo cui “La licenza può essere ricusata … a chi … non dà affidamento di non abusare delle armi”, è da ritenersi sufficiente che la valutazione dell’Amministrazione sull’affidabilità dei richiedenti la licenza di porto d’armi sia ancorata anche solo a considerazioni probabilistiche su circostanze di fatto le quali, nell’apprezzamento latamente discrezionale che ne fa appunto l’Amministrazione, possano indurre in quel momento ad ipotizzare un uso  improprio dell’arma.

Tuttavia, l’esistenza di potere discrezionale nella formulazione di siffatta prognosi non esime l’Autorità emanante dal dovere di esternare le ragioni del giudizio negativo con sufficiente coerenza e consequenzialità logica, mediante motivazione circa la sussistenza e la rilevanza dei presupposti di fatto di tale valutazione in modo che appaiano adeguate e conseguenti le conclusioni assunte. Consiglio di Stato,  Sentenza n. del 30/05/2011


TAR Napoli, Sez. V, 11 ottobre 2007 / 17 ottobre 2007, n. 9599 (Pres. est. Onorato)

E' stato rilevato che la valutazione sulla possibilità di abuso del titolo autorizzatorio, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua e adeguata istruttoria, di cui dar conto in motivazione, al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cfr.., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2000 n. 3709).
Se, poi,  ma non è questo il caso, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente, o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (Cfr. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 1° marzo 2001 n. 352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (Cfr.. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 21 agosto 2002 n. 3286), vagliare l'esito dei relativi procedimenti penali specialmente  se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo (Cfr.. TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 10 gennaio 1996 n. 30, TAR Campania, Napoli, Sez. III, 4 aprile 2002 n. 1859; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 25 giugno 2001 n. 4473), e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto, cioè della sua incapacità di offrire sufficienti garanzie circa il corretto uso delle armi (Cfr.. TAR Veneto, Sez. III, 21 aprile 2001 n. 1056).

 

REPUBBLICA  ITALIANA

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA CAMPANIA

NAPOLI

QUINTA  SEZIONE

nelle persone dei Signori:

Antonio Onorato               Presidente

Andrea Pannone               Consigliere

Paolo Carpentieri              Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul  ricorso n. 3694/2000 proposto dal sig. Ennio De Rosa, rappresentato e difeso dall’ avv. Antonio Romano e con domicilio eletto in Napoli, piazza Trieste Trento n. 48,

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro-tempore, domiciliato in Napoli, via Diaz. n.11  presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato la quale ex lege lo rappresenta e difende in giudizio,

per l'annullamento

del provvedimento 23 dicembre 1999 n. 2686/6G/pol. amm.va   di diniego del rinnovo dell’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale,

Visto il ricorso,

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata,

Viste le memorie prodotte,

Visti gli atti tutti del giudizio,

Relatore all’udienza dell’11 ottobre 2007  il presidente,

Uditi i difensori delle parti come da verbale,

FATTO e DIRITTO

1-Dispone l'art. 43, comma 2, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che la licenza di porto d'armi <... può essere ricusata ... a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi>.

Per costante giurisprudenza un simile potere va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza.

In particolare, è stato rilevato che la valutazione sulla possibilità di abuso del titolo autorizzatorio, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua e adeguata istruttoria, di cui dar conto in motivazione, al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cfr.., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2000 n. 3709).

Se, poi,  ma non è questo il caso, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente, o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (Cfr. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 1° marzo 2001 n. 352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (Cfr.. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 21 agosto 2002 n. 3286), vagliare l'esito dei relativi procedimenti penali specialmente  se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo (Cfr.. TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 10 gennaio 1996 n. 30, TAR Campania, Napoli, Sez. III, 4 aprile 2002 n. 1859; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 25 giugno 2001 n. 4473), e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto, cioè della sua incapacità di offrire sufficienti garanzie circa il corretto uso delle armi (Cfr.. TAR Veneto, Sez. III, 21 aprile 2001 n. 1056).

2-Venendo al caso di specie, il diniego di rinnovo del porto di pistola per difesa personale  oggetto di impugnativa risulta fondato esclusivamente sulla considerazione che le motivazioni poste a base della richiesta non sostengono sufficientemente l’asserita necessità da parte del sig. De Rosa di munirsi di un’arma e  che comunque la sua attività lavorativa non è indicativa di una situazione di concreto ed effettivo pericolo per la sua incolumità.

Siffatta giustificazione del provvedimento negativo, se raffrontata con la documentazione in atti,  non sfugge alle puntuali censure di eccesso di potere formulate dalla difesa del ricorrente sotto il duplice profilo del difetto di istruttoria e di insufficienza della  motivazione.

Innanzitutto, non emergono le ragioni per cui la medesima situazione che a suo tempo aveva indotto al rilascio del titolo, pur non essendo per nulla mutata, dia ora luogo in sede di rinnovo ad un provvedimento diametralmente opposto.

Non è dato poi comprendere perché, ad avviso dell’Amministrazione, lo svolgimento della professione di notaio con annesso servizio protesti e conseguente movimento di danaro contante, pur avendo già dato luogo a tentativi di furto e rapina (circostanze non smentite dalla difesa dell’Amministrazione ) addirittura abbiano indotto l’Ufficio ad  escludere, anziché confermare, l’esistenza di  una situazione di concreto ed effettivo pericolo per l’ incolumità dell’interessato. 

Né a sopperire a tali vizi potrebbe  valere il riferimento alla particolare situazione dell’ordine pubblico nella  zona in cui opera il ricorrente.

A tal proposito, è sufficiente ribadire quanto più volte affermato dal Tribunale circa la necessità che le particolari e notorie esigenze determinate dal contesto ambientale opportunamente sottolineate dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ,  per assumere concreta rilevanza, non siano solo genericamente richiamate a sostegno del provvedimento negativo e siano, invece, rapportate alla singola fattispecie (Cfr. TAR Campania III sez.  9 marzo 2000 n. 630).

Una siffatta valutazione, tuttavia, nella fattispecie avrebbe quantomeno indotto l’Amministrazione a tener conto dell’attività svolta dal ricorrente e della circostanza che lo stesso è stato nel passato vittima di tentativi di  furto e  rapina. 

3-Tanto basta per l'annullamento dell'atto impugnato, con compensazione delle spese di lite e con salvezza, ovviamente, degli ulteriori e meglio motivati provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di dover adottare.

PQM

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato n epigrafe e, per l’effetto, annulla  il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2007.

IL PRESIDENTE Est.

(dott. Antonio Onorato)


http://www.earmi.it/diritto/giurisprudenza/vicari2.htm




 

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